Mark Hollis muore a 64 anni
Mark Hollis, un personaggio carismatico.
Lo sguardo malinconico e la voce stentorea che restava impressa al primo ascolto. Mark Hollis, è morto «dopo breve malattia» come riporta un comunicato, lunedì 25 febbraio 2019, a 64 anni, è stato una pop star controvoglia, ma soprattutto un grande autore di canzoni, poco propenso ai compromessi tanto da essersi ritirato, salvo qualche sporadica collaborazione, dal mondo della musica nel 1998.
Nato a Londra il 4 gennaio 1955, inizia la sua carriera insieme ai Reaction ma l’esperienza si chiude abbastanza rapidamente.Subito dopo Hollis incontra il batterista Lee Harris, il bassista Paul Webb e il tastierista Simon Freemer, con i quali dà vita a una nuova formazione, i Talk Talk. Sono gli anni colorati e rutilanti del pop dove l’immagine spesso sopravanza la musica, ma ricchi di ispirazione, ricerca così da permettere la concomitante esplosione di realtà come Spandau Ballet e Duran Duran a formazioni più complesse e sperimentali come i Japan. I Talk Talk si muovono agli esordi in un ambito new romantic per approdare, negli ultimi lavori, a sperimentali fusioni di jazz e ambient, uno stile a cui si ispireranno nel decennio successivo i Radiohead, gli Elbow e i Mars Volta.
L’esordio per l'etichetta Emi – The Party’s Over (1982), è puro pop ma con arrangiamenti coraggiosi. It’s my life (1984) il disco successivo li fa esplodere a livello mondiale, con singoli che diventano classici del synth pop: la title track e Such a shame su tutte, ma anche ballate dai malinconici chiaroscuri come Reneé, con retaggi post rock che il gruppo mette a fuoco nei dischi successivi. Hollis non scende a compromessi, per il video di It’s my life monta scene di natura selvaggia a primi piano in cui appare muto.
LA EMI non gradisce, e la band ne monta una seconda versione, in cui Mark canta, ma fuori sincrono…The Colour of Spring (1986) fa un primo passo verso la sperimentazione: fiati jazz, orchestrazioni, cori di bambini. Spirit of Eden (1988) è ancora più estremo: sei lunghe tracce che superano la forma canzone e guardano il jazz. Un fiasco. La Emi li licenzia, ma la Verve incuriosita li accoglie: Laughing Stock (1991) è il canto del cigno. Bellissimo nel suo impasto di basso, batteria una chitarra e session men di estrazione classica. Hollis porta all’estremo la sua ricerca, i compagni non lo seguono più e la band si scioglie. Sette anni dopo (1998) realizzerà il suo unico lavoro solista che porta il suo nome.